Beato don Carlo Gnocchi

Beato don Carlo Gnocchi

Il Beato Carlo Gnocchi nacque il 25 ottobre 1902 a San Colombano al Lambro, un paese della pianura lombarda, a pochi chilometri da Lodi, da Enrico e Clementina Pasta, sarta. Ultimo di tre fratelli, perse il padre nel 1907, all’età di 5 anni, a causa della silicosi, malattia causatagli dal lavoro insalubre di marmista. Trasferitosi a Milano con la famiglia, perse in pochi anni i due fratelli, Mario, nel 1908, ed Andrea, nel 1915, a causa della tubercolosi.

Carlo crebbe in un ambiente molto devoto e fervente, e l’assidua frequentazione alle funzioni, nel paese di Montesiro, frazione di Besana in Brianza, dove spesso si trasferì da parenti a causa della salute cagionevole, lo avvicinò a don Luigi Ghezzi, coadiutore, che lo affiancò nella scelta di entrare in seminario.

Venne ordinato sacerdote nel 1925, dall’Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi, e lo stesso anno celebrò la sua prima messa a Montesiro.

La passione primaria di Carlo Gnocchi, fin dai primi anni di sacerdozio, fu la crescita e l’educazione dei giovani avvicinatisi alla chiesa e all’oratorio.
Affidato prima alla parrocchia di Cernusco sul Naviglio e, nel 1926, alla popolosa San Pietro in Sala di Milano, protrasse per anni la sua vocazione, creando un profondo legame con i suoi parrocchiani.
La fama di educatore giunse al cardinale arcivescovo di Milano, Alfredo Ildefonso Schuster che, nel 1936, lo nominò direttore spirituale del prestigioso Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane.
Sul finire degli anni trenta, Carlo Gnocchi venne nominato dal cardinal Schuster assistente spirituale della 2ª Legione Universitaria della MVSN “Arnaldo Mussolini” di Milano, che inquadrava anche gli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Istituto Gonzaga.
Nel 1939 morì la madre, a cui era molto legato.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, don Gnocchi partì volontario nel Battaglione alpini “Val Tagliamento”, destinato al fronte greco/albanese.
Terminata la campagna dei Balcani nel 1941, nel 1942 Carlo Gnocchi, con il grado di tenente, ripartì per il fronte russo, a seguito della Divisione alpina “Tridentina”, dove partecipò in veste di cappellano alla Battaglia di Nikolaevka. Sopravvissuto al conflitto, raccolse dai feriti e dai malati le loro ultime volontà, che lo porteranno, al rientro in patria, ad un viaggio per la penisola, messaggero tra le famiglie degli scomparsi. Andò tra le valli alpine a trovare i parenti dei commilitoni caduti. Entrato a far parte dell’O.S.C.A.R., aiutò ebrei e prigionieri alleati scappati a riparare in Svizzera. Scrisse articoli sulla rivista clandestina Il Ribelle e sul quotidiano diocesano L’Italia. Fu rinchiuso più di una volta nel carcere di San Vittore, ma ottenne la liberazione grazie all’intervento dell’arcivescovo di Milano, Ildefonso Schuster.
In quegli anni nacque l’idea di creare un centro caritatevole che potesse seguire le vittime di questa guerra, che si sviluppò in futuro con la nascita della Pro Juventute.

A guerra finita, don Gnocchi sentì come suo dovere di accorrere in aiuto di quella parte dell’infanzia che era stata colpita più duramente.
Egli rivolse dapprima la sua opera assistenziale agli orfani degli alpini, ospitandoli nell’Istituto Arosio; successivamente dedicò le sue cure ai mutilatini ed ai piccoli invalidi di guerra e civili, fondando per essi una vastissima rete di collegi in molte città d’Italia (Inverigo, Parma, Pessano con Bornago, Torino, Roma, Salerno, Milano, Firenze, Genova,…); e, infine, aprì le porte di modernissimi Centri di rieducazione ai bambini affetti di poliomielite. A questa infanzia derelitta e minorata, cui egli aveva votata tutta la sua giovane esistenza, don Gnocchi dedicò una fra le sue più significative opere di educatore: Pedagogia del dolore innocente.
Il 28 febbraio 1956 verso le 18:45 con un crocifisso fra le mani, donatogli dalla madre anni prima, e voluto fortemente da don Gnocchi in quelle ultime ore, spirò. La metastasi del tumore che l’aveva colpito aveva raggiunto lo scheletro e l’apparato respiratorio.

Tre crisi succedutesi fra la sera innanzi ed il mezzogiorno avevano preannunciato la quarta, fatale, e nessuno più s’illudeva su una sua possibile ripresa: la fibra di don Gnocchi era troppo provata da lunghe sofferenze e dal digiuno, oltre che dall’avanzare inesorabile del male, anche se quel suo volto, spesso sorridente, ingannava i visitatori.
Morendo fece dono delle sue cornee a due giovani ciechi, ospiti della sua fondazione, Silvio Colagrande e Amabile Battistello. La donazione, allora non ancora normata, venne eseguita da Cesare Galeazzi. Lo scalpore che suscitò nell’opinione pubblica accelerò il dibattito in materia, con la promulgazione a breve del D.L. n. 235 del 3 aprile 1957. Il suo esecutore testamentario sarà il suo amico don Giovanni Barbareschi.
Dopo circa trent’anni di permanenza nel Cimitero Monumentale di Milano, oggi la salma di Don Gnocchi è esposta sotto l’altare dell’omonimo Santuario, nel quartiere di San Siro di Milano.


TESTI TRATTI DA: “Carlo Gnocchi.” Wikipedia, L’enciclopedia libera. <Link Wikipedia>.